Ci sono dei momenti durante l’anno, a me di solito capita nel primo pomeriggio, in cui sento la nostalgia del mare. Allora prendo la bicicletta o la macchina, a seconda del periodo dell’anno e fuggo in direzione delle scogliere di Portane o sulla spiaggia di Donabate o Bull Island per colmare quel vuoto generato dalla mancanza. Se sono abbastanza fortunata e il tempo lo permette, sfilo le scarpe, avvicino l’orlo dei pantaloni alle ginocchia e ci immergo le dita, le caviglie, assaporando il contatto della sabbia e dell’acqua gelida sulla pelle. Resto un po’ lì e, in attesa che i piedi si riasciughino, mi siedo poco distante dalla riva e lo osservo. Il mare con tutte le sue storie da raccontare, con i suoi profumi e le sue sfumature.
Le tesse tutte qui, Piumini, cucendo insieme i fili più diversi, rievocando immagini che formano piano piano un ricamo completo dell’identità del mare. Lo riassaporo benevolo con le narici dell’infanzia, lo cavalco alla scoperta delle terre ancora da scoprire, lo percorro prima dell’alba, affamata e stanca, per sostenere la mia famiglia. Il mare come vita, poesia e pace. Il mare senza sale che diventa pioggia ma non può fare a meno di tornare a baciar la spiaggia. Il mare oggetto di poesie e letteratura, di ispirazione, di romanticismo.
“Cos’ha da ricordare,
Roberto Piumini
o raccontare,
chi non ha visto mai
un tramonto sul mare?”
Il mare, le cui onde restituiscono l’eco dei viandanti, della vita e della morte di coloro che sono partiti senza tornare, senza attraccare, senza ricevere conforto, senza aver più la possibilità di far poesia.
Le illustrazioni di Paolo d’Altan incorniciano e accompagnano con delicatezza e maestria ogni tavola.
Buona lettura