“Era una beatitudine in quell’alba essere vivi, ma essere giovani era un paradiso”.
Dolore straziante, se ne annusa costantemente l’odore, la scia di una pena strisciante che non la abbandona mai. Nella sequenza atemporale di un passato che rivive scrivendo si percepisce il dramma struggente della vita morsa, afferrata con intensità così come l’inesorabile ineluttabilità di ciò che sembra definito e immutabile, quei punti fermi, terribili, della sua vita che acquistano una crudele implacabilità.
Una lettura inizialmente faticosa, nel labirinto ostinato dei ricordi della Duras, tra gli scenari naturalistici in Indocina, i quadri familiari, la Francia, la violenza, la cultura ostentata, il sudore, le scarpe in lamé.
La morte è presente in tutte le pagine. È nel rapporto con la madre, con i fratelli. È nella relazione con il suo amante, che nella passione profonda e carnale che la sconquassa le restituisce anche la sua immagine.
Il piacere come identità, come sapienza, come conoscenza del sangue, delle ossa.
E nella cornice di questo duello con l’amore e con la sopravvivenza, il vociare costante delle verità degli altri, delle dicerie, delle voci che girano, che martirizzano, schiacciano, creano solitudine, attaccano una foto su qualcuno che diventa inamovibile, reale o insensata che sia. Una foto che diventa una patina indelebile, che ci accompagna lungo il cammino, cercando di convincerci che non siamo soli pur mettendoci all’angolo e che non siamo solo chi crediamo di essere, bensì l’insieme di ciò che la gente pensa di noi incasellandoci in anfratti che non abbiamo neanche mai sfiorato con le dita.
In questa ricerca affannosa e nostalgica, la Duras riesce in un’analisi di un tempo e di uno spazio distanti in entrambe le direzioni e ad un livello di sensibilità intima profonda. E in questa ricerca emerge il rapporto sbilanciato e corrotto con il fratello maggiore, il “mascalzone casalingo”, l’assassino senz’armi, per arrivare fino ad una figura materna che fallisce con la sua assenza, il suo declino mentale, la sua imprevedibilità e non le offre né sostegno durante la crescita, né una figura di riferimento, un appiglio per divincolarsi tra quell’essere e quel divenire che sembrano non lasciarle alcuno scampo.
“Questo mancare delle donne a se stesse sempre l’ho sentito come un errore”.
“Here we are
Stuck by this river
You and I
Underneath a sky that’s ever falling down, down, down
Ever falling down”